ECSTASY: UN PO’ DI STORIA

 

 

Dal libro “Generazione in ecstasy” di Fabrizia Bagozzi.

 

Dalle trincee della Marna alla techno-trance

 

E’ il 1912. La compagnia farmaceutica tedesca Merck cerca un antidoto all'appetito, vuole un farmaco dimagrante da immettere stabilmente sul mercato. Dopo vari tentativi i ricercatori della Merck trovano l'Mdma e pensano di avercela fatta.  La sostanza viene brevettata nel 1914 (il brevetto numero 274.350 non indica alcun uso specifico), ma non verrà mai commercializzata. I motivi sono a tutt'oggi ignoti. Probabilmente gli effetti collaterali che provocava mal si conciliavano con la sua natura di farmaco e non avrebbero certo giovato alla sua immagine terapeutica. Qualche notizia di lei arriva dal fronte della prima guerra mondiale, dove pare venisse somministrata ai soldati della prima linea per combattere la fame e la sete.  Dopo di che sulla sostanza cala il silenzio e se ne perde ogni traccia fino almeno ai primi anni '50. Quando ricompare, come per magia, nei laboratori dell'Università del Michigan in America dove, su commissione dell'esercito statunitense, viene sottoposta a uno studio sistematico.  I risultati non sono stati mai resi noti. Leggenda vuole che sia stata testata come siero della verità, ma riscontri concreti non ce ne sono. Anche in questo caso, comunque, e questo è certo, la sostanza non ha fortuna, viene messa da parte e le viene preferita la sorellastra Mda.

 

Acqua in bocca, per favore!

 

Sparisce di nuovo per un po', una ventina d'anni circa, fino a quando il noto chimico Alexander Schulgin, dopo aver portato alla luce il brevetto originale tedesco, la produce nel suo laboratorio. E’ il 1972. Sono passati sessant'anni esatti e per l'Mdma comincia una vita nuova. A tutti gli effetti la tiene a battesimo Schulgin, che se ne proclama orgogliosamente «patrigno». Nella sua biografia l'Mdma risulta essere solo una delle 179 sostanze psicoattive che descrive in dettaglio. Di certo è quella che più si avvicina all'ambizione del chimico di scoprire un farmaco terapeutico, come egli stesso sostiene.

A partire dalla fine degli anni '70, l'Mdma si diffonde negli ambienti della controcultura californiana e statunitense. E’ lo stesso periodo in cui alcuni psichiatri della West Coast cominciano a utilizzarla nel corso delle sedute psicoterapeutiche, nelle terapie di coppia e con pazienti borderline, con difficoltà di comunicazione anche e soprattutto nella interrelazione fra psicoterapeuta e paziente. Sfruttano le caratteristiche di entactogenicità della molecola che farebbe veramente parte di una nuova classe di farmaci perché ha capacità di favorire il dialogo e di migliorare appunto la verbalizzazione. Gli psicoterapeuti californiani portano avanti un po' di ricerca, ma in maniera informale, perché temono che, una volta nota come droga di strada, possa essere sottoposta a restrizioni di carattere giuridico e legislativo. E allora davvero addio ricerca. Tengono tutto sotto traccia, senza portare la cosa alla pubblica attenzione e fino al 1985 circa le cose vanno piuttosto bene, dal loro punto di vista naturalmente.

 

L'età dell'oro

 

Gli anni che vanno dal 1977 al 1984 sono un po' considerati l'età dell'oro di «Adam», nome con cui comincia a essere conosciuta negli Stati Uniti. Il giro di persone che la usa su di sé o su altri è ancora piuttosto limitato. Da una parte c'è la ristretta cerchia di psicoterapeuti sperimentali che la somministra ai pazienti durante sedute-fiume di gruppo o individuali, dall'altro ci sono gli sperimentatori psichedelici, frange della controcultura degli anni '60, che la impiegano per lo più a fini conoscitivi, «di espansione della coscienza». Ancora è sconosciuta alla massa, e finché non viene distribuita su larga scala, a nessuno sfiora 1.'idea che possa diventare una dance drug. Fino a tutto il 1984 in America è assolutamente legale.  Comincia a entrare nel giro studentesco e si diffonde anche negli ambienti di quegli young urban professional notissimi negli anni '80 come yuppies, che sì, prediligono la cocaina, ma non disdegnano questa nuova sostanza chimica dagli effetti affini che per di più ha anche ormai un nome degno delle migliori aspettative.

 

«Emphaty» va bene, ma «ecstasy» rende di più

 

E’proprio questo infatti il periodo in cui l'Mdma cambia pelle, si rifà il make up e diventa «ecstasy».  Il passaparola della piazza - e così i resoconti giornalistici di allora - racconta una favola a proposito di questo nome, azzeccatissimo sul piano della promozione: si dice che il primo a usarlo sia stato un produttore clandestino di San Francisco. Voleva in verità chiamarla «emphaty», empatia, perché descriveva con esattezza l'effetto della sostanza, ma si era reso conto che «ecstasy» funzionava meglio sul piano delle vendite. E allora, seguendo i più classici canoni del marketing, la chiamò così. Un successone, come tutti noi possiamo oggi constatare. Sempre in quel periodo l'ecstasy si poteva trovare in libera vendita, pagabile con carta di credito, over the bar nei night club del Texas. Da qui, via Londra, la diffusione in Europa è rapida e si allarga a macchia d'olio, sia nel nord Europa sia nei locali di tendenza ad Ibiza frequentati dagli stessi giovani.

 

Droghe d'autore

 

Un primo stop di carattere legislativo in America si ha nel 1985.

Nei primi mesi di quell'anno una partita di China Whíte, surrogato legale dell'eroina, provoca un grave danno cerebrale ad alcuni tossicomani. Il Senato approva allora in tutta fretta una legge che consente alla DEA (Drug Enforcement Administration), l'agenzia americana per la repressione del narcotraffico, di porre un divieto di emergenza nel confronti di sostanze potenzialmente pericolose per il pubblico e in particolare nei confronti delle designer drugs, cioè quelle sostanze studiate a tavolino dai chimici da strada ricalcando lo scheletro di molecole stupefacenti al fine di ottenere con una diversa molecola chimica - non ancora sottoposta a controllo e dunque legale – un effetto uguale o simile a quello di una già illegale o comunque un effetto stupefacente di un certo tipo. La DEA coglie l'occasione al volo e fa rientrare l'Mdma fra queste a causa della sua somiglianza con la già largamente illegale sorellastra, la Mda. Inutile appellarsi al fatto che l'Mdma non è nuova per niente e che non può essere una «droga d'autore», modellata in rapporto alla Mda, se non altro perché i suoi «autori», se ancora in vita, devono probabilmente essere pluricentenari, o quasi. Non senza una certa dose di ironia, alcuni produttori clandestini di Mdma cominciano allora a produrre un'altra sostanza di sintesi, la Mdea, nome -commerciale «Eve» per far coppia con Adam, dagli effetti analoghi e da vendere come ecstasy senza incappare nelle maglie della legge. In seguito anche Eve farà la stessa fine di Adam.

 

In prima tabella

 

La vicenda la racconta bene Enrico Franceschini in uno dei primi articoli che- la stampa italiana dedica all'argomento «Come assicura uno che l'ha provata spesso, Adamo apre le porte del giardino dell'Eden. Negli Stati Uniti, da qualche giorno, andare in estasi apre le porte del carcere. La DEA, un'agenzia del governo federale, ha inserito "Ecstasy" con un provvedimento d'urgenza tra le droghe del cosiddetto Gruppo 1, che comprende eroina e LSD. Produrre, vendere o possedere una "traccia" di estasi può sfociare in una condanna a 15 anni di prigione e al pagamento di una sanzione di 125.000 dollari, circa 240 milioni di lire. Il provvedimento, tuttavia è temporaneo».

Il 1° luglio 1985 si giunge dunque a interdire temporaneamente l'uso di Mdma che viene inserita nella categoria delle droghe che danno assuefazione, nella tabella che raccoglie composti «di nessuno impiego terapeutico e socialmente dannosi», la famigerata tabella 1. Interdizione poi confermata e resa permanente l'anno successivo, il 13 marzo 1986, anche se strascichi di polemiche e di cause giuridiche proseguono ancora oggi.

 

Il 22 aprile dello stesso anno l'ecstasy viene messa fuori legge in Svizzera; il 18 luglio in Germania; in Italia nel 1988. Con il Dpr 309/90 si fissa anche la dose giornaliera: 50 mg. In Gran Bretagna è già bandita dal 1977, come tutte le altre anfetamine psichedeliche.

Sul piano della regolamentazione internazionale, nel 1985 la Convenzione internazionale sulle sostanze psicotrope chiede alle nazioni associate di inserire la sostanza in tabella I.

 

Droga da ballo

 

Ma com'è che la nostra molecolina anoressante dai laboratori dei chimici, dagli studi degli psicoterapeuti, dalle case private degli psiconauti americani, tutt'al più dai colleges, prende la strada del nigbtclubbing e diventa «la» droga per ballare?  Tutto probabilmente passa per l'entertainment.  Da quei contesti molto specifici l'ecstasy filtra nei club più esclusivi di Chicago, New York, San Francisco e Detroit, complici anche gli yuppies metropolitani dalle frequentazioni glamour nel mondo dell'arte, del cinema e della musica.  L'ecstasy arriva li e trova il suo terreno di elezione nei warebouse parties, feste molto molto trendy nei magazzini abbandonati e nei club a prevalenza gay dove si comincia a fare sperimentazíone musicale.  A Chicago è il club Warehouse, paradiso di omosessuali e afroamericani, a New York il Paradise Garage.  In questi locali, già agli albori degli '80 i dj americani Frankie Knuckles e Lerry Levan - ognuno nel proprio territorio: Knuckles a Chicago, Levan a New York - suonano cose strane, roba nuova, mai sentita prima.  Mescolano generi, nel tentativo di colmare un vuoto che si stava creando nel genere dance.

 

House revolution

 

Sono i primissimi passi di quella che poi diventerà house music. House perché, secondo la raffinata versione di Richard West, dj inglese conosciuto al grande pubblico come Mr. C, si suonava al Warehouse di Chicago.  Ma c'è anche una corrente di pensiero meno colta, ed è quella di chi sostiene che house stia semplicemente per musica fai-da te, facile da produrre in casa propria, purchè dotati della tecnologia necessaria.

Leggenda vuole poi che il Paradise Garage di New York abbia a sua volta dato il nome a un sottogenere dell'house, la garage, appunto .

Comunque sia, con l'house parte una vera e propria rivoluzione musicale.  Saltano una a una le categorie tradizionali e il soul non è più soul, il funky non è più funky. Si fonde tutto insieme, specialmente r&b, musica latina, hip hop, funky con la musica elettronica tedesca dei primi anni '80, vere e proprie «iniezioni tecnologiche rubate ai Kraftwerk» e poi pura contaminazione di generi e testi. Ritmo, melodia e parti vocali sono tolte elettronicamente dai dischi originali, inviate a un campionatore digitale e manipolate dai dj, produttori di un mix completamente nuovo. E’ il trionfo della tecnologia. Unica concessione alla umana presenza: le voci dei cantanti, quasi sempre femminili. Qui la vera rivoluzione è il campionatore, grazie al quale anche una sola persona può mixare, registrare e mescolare qualsiasi sonorità, prendendo, per esempio, il suono della batteria da un certo disco e la parte vocale da un altro.